SOSTENIBILITÀ + CAPACITÀ + CONNESSIONE

ESG è un acronimo che si riferisce ai criteri ambientali, sociali e di governance utilizzati dagli investitori e dalle aziende per valutare le prestazioni aziendali in settori non finanziari.

Questi criteri forniscono un quadro per valutare come le questioni ambientali e sociali impattano e influenzano le performance finanziarie di un’azienda e, al contempo, come le attività aziendali impattano sulle questioni sociali e ambientali esterne all’azienda.

In breve, ESG rappresenta una dimensione attraverso la quale gli investitori valutano le aziende insieme alle tradizionali metriche finanziarie.

La sostenibilità
è un imperativo
per generare
valore per le aziende.

Cosa si intende con ESG?

Gli ESG sono tre categorie importanti che vengono utilizzate per valutare la sostenibilità di un’impresa o di un’organizzazione. Queste categorie sono:

Ambientale (Environmental): questa categoria valuta come un’azienda gestisce le sue interazioni con l’ambiente circostante, inclusi aspetti come l’impatto sui cambiamenti climatici, l’uso delle risorse naturali e la gestione dei rifiuti.

Sociale (Social): questa categoria esamina l’impatto dell’azienda sulle persone e sulle comunità in cui opera, considerando questioni come le condizioni dei lavoratori, la diversità e l’inclusione, i diritti umani e la responsabilità sociale complessiva.

Governo Societario (Governance): questa categoria riguarda la struttura di governo e le pratiche aziendali. Include elementi come la trasparenza, l’etica aziendale, la gestione dei rischi, la correttezza delle relazioni con gli azionisti e il rispetto delle normative e dei principi normativi.

In sintesi, gli ESG forniscono un quadro completo per valutare le prestazioni di un’azienda non solo in termini di profitti finanziari, ma anche in termini di impatto sull’ambiente, sulle persone e sulla società nel suo complesso.

Cos’è lo sviluppo sostenibile?

Già dagli anni Settanta, la comunità internazionale con la Conferenza di Stoccolma e la comunità scientifica con il Club di Roma hanno acceso il dibattito sul raggiungimento di un equilibrio tra due esigenze contrapposte: tutela dell’ambiente – con particolare riguardo alle risorse naturali limitate del pianeta – e crescita economica, assumendo la prospettiva universale di un “economia ecologica”.

Il primo passo formale è stato compiuto dalle Nazioni Unite (ONU) con l’istituzione nel 1983 della Commissione Mondiale sull’Ambiente e Sviluppo: i suoi principali obiettivi erano la redazione di “un’agenda globale per il cambiamento” e l’individuazione delle principali complicanze ambientali e squilibri socioeconomici che ne derivavano. Nel 1987, il presidente della suddetta commissione Gro Harlem Brundtland presenta il Rapporto “Our Common Future” (conosciuto come Rapporto Brundtland) nel quale viene definito lo sviluppo sostenibile:

Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030

Le manifestazioni dello sviluppo sostenibile da parte dell’environmental diplomacy sono state tradotte in una serie di azioni di mitigazione e adattamento degli impatti ambientali e sociali: la più famosa è sicuramente la prima Conferenza delle Parti (COP 1), nella quale si stabiliscono i principi del Protocollo di Kyoto. Quest’ultimo è il primo atto di rendicontazione ambientale grazie al quale i paesi firmatari devono contabilizzare le proprie emissioni di gas climalteranti con obiettivi di riduzione delle stesse e, inoltre, viene creato uno spazio di scambio di quote di emissioni attraverso il quale le imprese più virtuose (meno inquinanti) possono ottenere vantaggi economici grazie alle vendite dei loro crediti di emissione.

Dopo il fallimento dei poco conosciuti Millennium Development Goals (MDG), le Nazioni Unite intercettano la necessità di sviluppare una nuova strategia programmatica per raggiungere i target sociali e ambientali, materializzata con l’Agenda 2030un programma d’azione fondato su cinque pilastri cardine, comunemente denominate le 5 P dello sviluppo sostenibilePeople, Planet, Prosperity, Peace, Partnership.

Lo sviluppo economico, l’inclusione sociale e la sostenibilità ambientale sono categorie che dipenderanno da un ulteriore condizione il “buon governo” e insieme formano quelli che oggi vengono indentificati come fattori ESG.

L’Agenda 2030 è composta da 169 target che rientrano nei 17 Sustainable Development Goals (SDG), quantificabili attraverso specifici indicatori, e sono tra loro “integrati e indivisibili e bilanciano le tre dimensioni di sviluppo sostenibile: economico, sociale e ambientale” [United Nations, 2015].

 

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